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2047, racconto per Isabella
del Giugno 2007 - questa favola è una metafora che spiega quanto sia importante la relazione di un figlio con il padre per realizzare una vita felice



Vasco è un uomo di 47 anni, padre di una bellissima bambina di 7, Isabella. Tutte le sere quando la mette a letto, le racconta una storia diversa, un bacio e poi via a fare la nanna!

Isabella: "che mi racconti stasera papà?"

Vasco: "mettiti sotto le coperte.. bene, stasera ti racconterò la storia di Luigi."

Isabella: "e chi è Luigi?"

Vasco con tranquillità iniziò a raccontare..


Luigi è un bambino nato nel duemila in un paesino sperduto delle campagne toscane. Appena nato la madre lo portò in una grande città molto lontano. Luigi, 4.5kg alla nascita, biondino, corridore precoce e presto anche molto intelligente crebbe nella grande città da solo con la mamma.

Cresceva ogni giorno di più e mentre cresceva aveva una domanda sempre più presente in testa ma non sapeva come farla, e se farla. Un giorno a 8 anni chiese alla madre:

Luigi: "mamma ma anche io ho avuto un papà come gli altri bambini?"

Madre: "Si, certo. Ma era una persona cattiva, e lo sai dove vanno le persone cattive?"

Luigi: "no"

Madre: "le persone cattive vanno in posti lontano lontano fatti apposta per le persone cattive. La tua mamma invece è buona e non hai bisogno di altro per stare bene."

Luigi continuava a crescere alto, sano, perspicace, ottimi voti a scuola, perfetto, ma in realtà sorrideva poco, era molto riflessivo e poco socievole, lo sguardo spesso pensieroso e raramente spensierato.

A 18 anni in uno dei suoi rari gesti di istinto disse alla madre:

Luigi: "mamma, e se un giorno lo incontrassi lo stesso mio papà?"

Madre: "ma che dici! Dopo tutto quello che ho fatto per te, te ne esci con una domanda del genere?!? Cercalo pure se vuoi, ma poi non tornare qui! Mi hai dato un grande dolore dicendo queste brutte cose!"

La madre poi si mise a piangere e uscì di casa sbattendo la porta.

Luigi si sentì sprofondare. Stava malissimo, era terribilmente dispiaciuto di aver dato questo grande dolore alla madre, si sentiva spezzato in due perché da una parte il desiderio di voler vedere suo padre aveva rovinato la vita alla madre che non aveva mai visto così arrabbiata e disperata.

Luigi non tornò mai più sull'argomento.
Ma da quel giorno iniziò a soffrire davvero tanto.

Ora non era più pensieroso ma triste, non era più riflessivo ma sconfortato. Tutte le volte che vedeva un ragazzo giocare col padre pensava che il suo non avrebbe mai voluto giocare con lui. Ogni volta che vedeva un padre baciare un figlio pensava che il suo non l'avrebbe mai baciato.

Tra i venti e trenta anni in amore fu un disastro. Le storie non duravano, bello, atletico ed intelligente veniva usato e poi gettato, si metteva sempre con le più sciagurate donne, lui non aveva stima di se, quelle davvero belle fuori e dentro pensava "io non me la merito una così".


Un giorno qualsiasi, era sera, era alla fermata dell'autobus, come sempre deserta a quell'ora. Vide un uomo che gli si fece molto vicino e gli disse con voce roca: "tu sei Luigi.. vero?"

Luigi: "si ma chi sei tu?"

L'uomo rispose: "non avevo dubbi che eri tu, io sono tuo padre."

Luigi non prese sul serio la cosa, poi pensò che però nessuno si sarebbe mai messo a dire una cosa del genere per strada, insomma ma chi era questo davanti? Be' in fondo poteva essere davvero suo padre... E' che era passato molto tempo, Luigi non aveva più pensato a quell'uomo, erano molti anni che non ci pensava più. Però non capiva cosa doveva fare adesso. E allora fu il padre a parlare:

Padre: "come stai Luigi, hai una famiglia?"

Luigi allora un po' sulle difensive: "ma sei sicuro di essere mio padre? Non mi prendi in giro?"

Il padre gli raccontò che in realtà lui non aveva mai saputo del figlio. La mamma lo aveva lasciato un giorno di punto in bianco senza particolare motivo, lui non aveva mai capito perché, la amava tanto, ma non poteva costringerla ad amarlo perché la rispettava.

Padre: "tua madre non mi disse che era incinta, non ci siamo più visti poi, se non qualche lettera. Tempo fa le scrissi della mia malattia, del mio poco tempo, non so cosa la spinse, mi disse di te.. Luigi. Io non ho molto tempo figlio, mi piacerebbe conoscerti in quello che mi resta."

Poi ci fu un momento di silenzio, qualche altra parola del padre. Luigi invece non aveva parole perché non le trovava, se non qualche frase diplomatica qua e la.

Padre: "vedo che sei un uomo oggi. Sono fiero di te" avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla. Vide poi una lacrima gonfia sul volto immobile e pietrificato del figlio, gli occhi lucidi e la schiena legnosa quasi come avesse paura di quel suo vecchio corpo. Il padre non esitò e se lo strinse nelle braccia dicendo "deve essere stata dura diventarlo da solo."


Quella frase piena di amorevole compassione fu come una chiave che riaprì la porta dei sentimenti di Luigi che senza controllo si lasciò andare in uno scrosciante pianto, lacerante e carico di dolore come uno che gli è morto qualcuno di caro.

E insieme anche l'odio venne fuori,
Luigi diceva:

"perché!", "perché!", "perché non c'eri", "dov'eri!" "perché!" "perché!" "papà!" "papà!"

… era un fiume e rimase li a sputare grida e dolore per 10 minuti buoni nel pianto liberatorio più grande della sua vita.


Luigi aveva smesso di piangere, si sentiva un bambino di 5 anni tra le braccia di quel vecchio signore, ora stava un po' meglio, riguardò in faccia quell'uomo e vide che anche lui aveva gli occhi lucidi ma resisteva con contengo e moderazione, e dopo apparve anche un sorriso.

Passarono la giornata insieme, il tempo volò via tra racconti di due vite così potenzialmente vicine ma che nella strada non si erano mai incontrate. Nonostante tutto scoprirono tante cose in comune, certe passioni, certe testardaggini.. anche certi vizi.

Un signore che faceva foto lungo il fiume e poi chiedeva soldi scattò loro un'istantanea e Luigi volle comprarla. Arrivò la sera, il treno del padre partiva, il viaggio lungo e le cure necessarie, si era allontanato sin troppo. Luigi promise di andare a trovarlo nel fine settimana all'ospedale. Gli sguardi non erano più quelli della mattina, sembravano due persone diverse, Luigi ora camminava a mezz'aria. I due si abbracciarono.

Il padre gli dette una carezza e lo guardò con affetto.

Montò sul treno sapendo che lo avrebbe portato direttamente in cielo e infatti così fu. Luigi ne fu triste, ma in fondo pensò che suo padre ora l'aveva conosciuto. Pensò che suo padre era un uomo in gamba, una brava persona, si sentiva fiero, e da quel giorno smise di sminuirsi, di sentirsi misero e di poco valore. Il resto della sua vita fu così bello che tutto il prima non aveva più importanza, se ne sarebbe andato fiero e felice, proprio come quell'uomo vecchio fuori ma giovane dentro che prima di partire per il cielo era venuto a salutarlo ed abbracciarlo.


… silenzio… il silenzio regnava nella stanzetta … Vasco si alzo lentamente per non fare rumore ma…

Isabella: "che storia incredibile papà. Così triste prima e così bella dopo."
"Mi piacciono le storie che mi racconti. Ti voglio bene."

Vasco: "Ora però dormi."

Abbracciò sua figlia.
Gli dette una carezza e la guardò con affetto.

Spense la luce, andò nella camera accanto.
Nel letto matrimoniale una bella chioma di capelli biondi ed il volto di un angelo che dormiva. Pensò a quella foto sul fiume di lui col vecchio, aprì il cassetto e se la guardò, un sorriso rilassato gli curvò le estremità della faccia, ripose la foto e spense la luce.

Si sentì solo un grande respirò profondo, e poi.. il silenzio.

Era il 2047..
..e la pace regnava nella casa di Vasco.


(fine)


a tutti i padri del mondo, a tutti i figli del mondo




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