articolo da l'avvenire del maggio 2009




Il Grido di dolore dei Figli senza Padri

Educatori e sociologi: alla radice del disagio giovanile c'è l'interruzione della catena padri-figli. Occore ritornare ad insegnare il senso del limite.

La società contemporanea soffre per la continua riduzione del ruolo e della presenza del padre nella formazione e nell'educazione dei giovani. Si tratta di un processo secolare che ha confinato i padri nei luoghi di lavoro, lasciando alle madri e ad un sistema scolastico femminilizzato il compito di istruire ed educare le nuove generazioni.

A partire dagli anni '70 poi l'aumento di separazioni e divorzi ha allontanato fisicamente molti padri dalla casa dei figli. Si calcola che oggi in Italia ci siano circa 8 milioni di genitori separati, con 140.000 separazioni/divorzi nel 2007 che hanno coinvolto oltre 91.000 bambini e ragazzi.

A tre anni dall'approvazione della Legge 54 sull'Affido Condiviso i tempi medi di permanenza dei figli con il padre sono stimati ancora solo al 18%, rispetto al 82% che i figli trascorrono con la madre (dato www.Paternita.info).


Eppure in questi ultimi anni qualcosa sta cambiando e sembra farsi avanti, nella coscienza di educatori e genitori, ma anche degli studiosi e dei terapeuti, la consapevolezza che l'interruzione della catena padri-figli sia alla radice del forte disagio espresso dai giovani.

Il quadro che si presenta ai nostri occhi è preoccupante. Sempre più spesso studenti demotivati, figli depressi, giovani che cercano nell'alcol e nella droga quel piacere che la vita sembra loro non offrire.
Il segno che accomuna il disagio giovanile è quello della dipendenza: dal mercato e dal consumo, dalle sostanze stupefacenti e dai farmaci, dalla televisione e da internet, dal gioco d'azzardo e dai giochi di ruolo, da una sessualità compulsiva e dalla pornografia.

Ci troviamo di fronte al paradosso per cui la società del benessere, dove tutto sembra possibile, produce un diffuso e sempre più forte senso di vuoto, di disagio e di impotenza.
L'assenza di limiti crea una sorta di bulimia per cui si vorrebbe divorare tutto, oppure un atteggiamento di rinuncia e ritiro autistico, perché nulla sembra più desiderabile e la vita è priva di interesse e di senso.

Come diceva Freud la figura del padre è centrale, non solo a livello individuale ma anche per la vita psichica dei popoli. Se la funzione paterna viene meno a livello sociale, i figli rischiano di non uscire da una posizione egocentrica di tipo narcisistico, una posizione dipendente dalla madre, vissuta come fonte in grado di soddisfare sempre e subito i loro bisogni.

Paolo Ferliga insegna Filosofia e Storia al liceo Arnaldo di Brescia e Psicologia dell'educazione all'università Milano-Bicocca. E' anche psicoterapeuta e saggista. Egli ritiene che l'immagine del padre, spesso sottovalutata dalla cultura contemporanea, sia comunque conservata dall'inconscio collettivo.

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